L'Appartamento  

Posted by Rosy in




Ho chiesto gentilmente all'autrice di poter postare il suo racconto...ne scrive di molto belli. Ma questo..non so spiegare..mi riconosco e ci riconosco un Predatore ;-)

L'Autrice è Ayse (  http://aysedicartavelina.blogspot.com/ )


Merçì ancora

L'APPARTAMENTO








- Vorrei che venissi con me – dice l’uomo al telefono, mentre le racconta il suo progetto.
- A che ora arriverai? – chiede la donna.
- Potresti venirmi a prendere. Andiamo assieme, vengo volentieri – aggiunge eccitata dalla prospettiva.
Aspetta quell’incontro da molto tempo.
- Non credo che riuscirò a passare da te, avrò molti impegni quel giorno, dovremmo vederci direttamente li . Ti farò sapere l’indirizzo, non è lontano -
- Va bene, nessun problema,ti raggiungo io – risponde lei, felice di poterlo guardare di nuovo.
- Mi manchi – le sussurra l’uomo, poi riattacca.
Mancano ancora tre settimane a quel giorno.
Si sono visti solo una volta, mesi prima, e da allora vivono nell’attesa di potersi incontrare ancora, travolti da una passione istintiva e animalesca.
Il loro più che un amore romantico è uno scontro perenne in cui godono dei loro screzi, delle loro contraddizioni, aggrappati a parole e malinconie.
Una singolar tenzone in cui la sfida è quello di non darla mai vinta all’altro.
Un incontro a metà strada, una passione che si accende e alimenta tra contrasti e dolcezze infinite, bisogno di sentirsi e di colpirsi e voglia di entrarsi dentro.
- Ci vediamo domani allora. Ti voglio. Voglio scoparti il culo e l’anima – le dice la sera prima di arrivare a Milano.
Lei è in anticipo come suo solito.
Non vuole salire da sola, gli manda un sms per comunicargli il suo arrivo.
Sono già le sette di sera, fuori si è fatto buio.
L’aria è calda ma la giornata è ventosa.
Il leggero abito nero di cotone le svolazza attorno alle ginocchia.
L’appartamento si trova in una via piccola e poco frequentata.
- Vorrei sapere cosa ne pensi - le aveva detto giorni prima al telefono.
Vuole chiederle una opinione sull’appartamento che ha intenzione di acquistare a Milano, per questo desidera visitarlo con lei.
Attende qualche minuto, non riceve risposta.
Probabilmente lui è già salito nell’alloggio e la sta aspettando.
Non è un ritardatario, è più facile che non abbia visto il messaggio, dato il pessimo rapporto che ha con il telefono.
A passi incerti, entra nel portone del condominio.
La voglia di toccare di nuovo il volto dell’uomo le si annoda nel ventre, come una corda ruvida e aggrovigliata.
Un grande cortile con una magnifica magnolia al centro si mostra ai suoi occhi.
Deve cercare la scala b, al terzo piano.
I suoi tacchi rumoreggiano nel cortile silenzioso.
Le scarpe, alte e nere, la fanno sentire in equilibrio precario.
E’ buio , solo una piccola luce illumina i pianerottoli che si aprono sul cortile circolare.
Le sembra di udire un rumore alle sue spalle, ma forse è solo il fruscio del vento tra i rami della magnolia.
In fondo, sulla linea dell’orizzonte, nuvole cariche d’elettricità si stanno accumulando.
Scala b, eccola, è davanti a lei.
Si guarda attorno alla ricerca dell’ascensore. Niente. Dovrà salire a piedi.
Si ferma un secondo e prova richiamarlo.
- “Il numero da lei chiamato potrebbe essere spento o non raggiungibile” – chissà dove cavolo se lo è messo quel telefono – pensa, scuotendo la testa.
Maledice per un attimo l’uomo. Di sicuro lo troverà già nell’appartamento , col cellulare distrattamente buttato nella 24 ore, incurante che stia suonando.
Inizia a salire le scale un gradino alla volta, con circospezione. L’orlo del vestito ondeggia piano e le accarezza le gambe.
Una signora anziana si affaccia sull’uscio sospettosa.
Un gatto bianco e nero le spunta tra le gambe.
Fa un cenno della testa e richiude la porta.
Lei si ferma un secondo solo, poi riprende a salire.
Primo piano. Secondo piano. Finalmente l’ultima rampa, che conduce al terzo.
Tre porte circondano il pianerottolo.
Una di essere è socchiusa, quella che lui gli ha descritto, la prima a destra delle scale.
Sta cercando l’appartamento senza targhetta del nome.
Ma com’è possibile che la porta sia aperta?
Poi ci pensa bene e si sente rassicurata.
Probabilmente è aperta perché lui è già arrivato. Il cuore le frulla in petto, come un cucciolo che si scuote la pioggia da dosso.
Fa un sospiro, si fa coraggio e spinge il battente che cigola su cardini arrugginiti.
Entra piano, facendo risuonare i tacchi alti sul pavimento sporco. I rumori rimbalzano da una parete all’altra nell’appartamento vuoto.
All’interno è buio e c’è odore di umido e di muffa.
Nell’annuncio era indicata la specifica: da ristrutturare. Vero. L’appartamento è decadente e decisamente in cattive condizioni.
Uno sgocciolio insistente e ritmato la distrae, probabilmente proviene dalla stanza da bagno.
Brividi percorrono la schiena parzialmente nuda della donna.
Inizia a chiamare l’uomo, sussurrando il suo nome nell’oscurità.
Una finestra aperta lascia filtrare un pallido chiarore da un lampione nel cortile.
Un tuono lontano rimbomba sommessamente.
Un refolo di vento tiepido che crea corrente fa sbattere la porta.
– Sbam -
Si gira spaventata dal colpo del battente che si chiude.
Cerca a tentoni il cellulare nella borsa per provare di nuovo a chiamarlo.
Le dita come piccoli animaletti scavano e frugano tra le mille cose che contiene la borsetta di una donna.
Tocca la superficie liscia del telefonino e cerca di afferrarlo, le scivola di nuovo , poi riesce a prenderlo.
Il display si illumina appena schiaccia il tasto della chiamata.
Riprova ancora, di nuovo spento. Nessuna risposta.
Sta iniziando a preoccuparsi, i battiti del cuore accelerano.
Immobile annusa l’aria.
Un fruscio alle sue spalle la fa trasalire.
In meno di un secondo, si trova la guancia schiacciata contro il muro freddo e scrostato.
Una mano la blocca contro la parete tenendola per i capelli.
Un’altra mano le torce un braccio dietro la schiena.
Un ginocchio la inchioda al muro.
Un profumo le solletica le narici.
Riconosce l’odore dell’uomo.
Si rilassa ed emette una breve risatina nervosa.
- Mi stavo spaventando – dice.
Fa per girarsi , pregusta il suo abbraccio.
- Uno scherzo eccitante, devo ammetterlo – sussurra.
Si accorge però, che l’uomo non ha allentando la presa, che le è impossibile ogni movimento.
- Scherzo? – le sussurra all’orecchio – Quale scherzo? -
- Quello di farmi spaventare, di prendermi alla sprovvista - conclude lei sorridendo.
- Lasciami adesso , voglio abbracciarti – gli dice allegra.
Le tappa la bocca con la mano, levandole il respiro.
La gira , le spalle al muro.
Lei sgrana gli occhi.
Prova a parlare attraverso la mano che le schiaccia la bocca, ma esce solo un mugolio scomposto.
Uno schiaffo ben assestato la colpisce in pieno volto, deciso.
Deglutisce, senza capire. Un grido strozzato le muore in gola.
- Pensi ancora che stia scherzando?
Non lo sa. E’ confusa.
Il sadomasochismo, la dominazione, la sottomissione, concetti di cui hanno sempre parlato, sembrano centrare ben poco con quello che sta accadendo ora.
Sente l’odore della follia dell’uomo permeare la stanza.
Da razionale ed elegante professionista si è trasformato, irrazionalmente e impulsivamente, in un feroce e pericoloso predatore.
Sente che è altro a muoverlo. Una specie di bisogno estremo di vederla impaurita e spaventata, eccitata e tremante, disorientata. E’ una cosa reale.
Ha il sapore di una situazione istintiva, tra animali.
Predatore e preda.
Uno scorpione che punta il suo pungiglione sulla vittima prescelta, un serpente che sibila annusando la paura del topo , conscio che il topo potrebbe comunque scattare e morderlo.
Tensione animale, primordiale, primitiva.
- Rispondi. Pensi ancora che stia scherzando? - Le libera le labbra per un secondo, così che possa parlare.
- Più che altro lo spero – risponde la donna, cercando di riportare l’incontro alla normalità. L’ammutolisce ancora, respira a fatica.
E’ davvero quello che desidera, la normalità? Se lo chiede cercando di restare calma di fronte alla sua determinazione.
Sa che quell’uomo la prenderà così, violentemente, perché violenta è la loro passione.
La maniera repentina e priva di preamboli con cui lo sta facendo la disorienta però.
- Lo speri? Ne sei certa? Io dico di no, e scommetto che sei bagnata e per niente stupita da tutto questo. Sei adorabile quando fai la furba -
Le infila una mano sotto il vestito leggero, niente mutandine.
- Quindi te lo aspettavi, troia – commenta.
Inizia a sentirsi a disagio, forse si, ha dato delle cose per scontate. Forse si, lo sottovaluta. Forse pensando di averlo capito, lo ha guardato negli occhi troppo presto, lo ha guardato negli occhi prima di conoscerlo davvero.
Le sue dita le tormentano la fica, si spingono dentro.
Le sta facendo male, è insistente, prepotente.
Prova ad alzare un ginocchio per difendersi.
Col bacino l’uomo la inchioda ancora di più al muro.
Ad un tratto scatta un interruttore dentro di lei, e improvvisamente morde la mano che le chiude la bocca.
- Stronza –
- Apri la bocca, molla! – le dice, mentre con la mano libera le preme le guance per farle lasciare la presa.
Lei scuote la testa in segno di diniego.
I denti affondano sempre di più nella carne dell’uomo, le mascelle si serrano.
Lui è forte però, e le dita stringono in un morsa d’acciaio il suo viso.
Lei è costretta ad aprire la bocca, un filo di saliva le scende sul mento, si pulisce col dorso della mano.
- Non puoi farcela – le dice l’uomo.
Si massaggia la mano, dove i segni degli incisivi stanno affiorando come ricami di filo rosso.
Sa che lei è pericolosa quanto lui. E’ per questo che la ama.
Il temporale si sta avvicinando, i tuoni sono sempre più vicini e i lampi squarciano il buio dell’appartamento.
L’atterra con una mossa repentina. Deve neutralizzarla.
Ora si trova a pancia in giù, sul pavimento sporco. La guancia contro il freddo delle piastrelle.
Un piede è posato sul suo culo, le tiene il bacino inchiodato a terra.
- Adesso secondo te cosa farò? – le chiede.
- Chiuderai la finestra del balcone, sta iniziando a piovere – gli dice lei.
Decide che devo smontare parte della aggressività di quel predatore, per riuscire a interagire con lui.
Sente.
Lo sente, non vuole fermarlo, non vuole fermarsi.
- Alzati in piedi, vieni con me.
Le tende una mano, l’aiuta ad alzarsi, la sorregge con dolcezza.
La conduce verso il balconcino.
Grosse gocce d’acqua cadono dal cielo come lacrime grasse e pesanti.
La spinge verso la ringhiera e la circonda da dietro.
Per un tempo infinito stanno così, immobili, sotto la pioggia, abbracciati.
Annusano l’aria che sa di terra bagnata e di elettricità.
Osservano il cielo squarciarsi di lampi e godono del calore che evapora dai loro corpi fradici .
Il ventre dell’uomo è perfettamente aderente alla schiena della donna.
La sua erezione è come un pugnale nella spina dorsale.
Caldo e pulsante le preme sulle reni, imperioso.
Il suo membro è duro ed eretto, grosso.

La gira verso di sé, la guarda dolcemente negli occhi.
Si inginocchia davanti a lei, sul pavimento bagnato.
La camicia bianca incollata al torace muscoloso e asciutto è diventata quasi trasparente.
- Apri le gambe e chiudi gli occhi . Non muoverti – le parla, mentre le accarezza amorevolmente le ginocchia sporche e bagnate.
Le tiene sollevato il vestito e inizia a leccarla impercettibilmente.
La sensazione che prova è quella di avere un piccolo uccellino sotto la gonna che con ali leggere e delicate le solletica il sesso.
Si scioglie e si fa liquida, ancora di più.
Le spinge la lingua dentro, come se fosse un cazzo.
La infila sempre più in fondo.
La scopa così, con la bocca.
I muscoli della donna non sono più in grado di controllare le contrazioni di piacere che sta provando.
La faccia dell’uomo è bagnata di pioggia e di lei.
Lui respira a fatica, nell’antro caldo e umido delle sue cosce, ma sembra non accorgersene.
Prende fiato.
Morde.
Ora la sta addentando, come se fosse un frutto maturo e succoso.
Le prende il clitoride tra i denti e stringe.
Piccole tenaglie bianche e bastarde le incidono la tenera carne.
La sensazione che prova è quella di una scossa di corrente continua che arriva ad esplodere direttamente in testa.
Gli prende il capo tra le mani, lo spinge più a fondo, tra le cosce aperte.
Con la schiena si appoggia meglio alla ringhiera del balcone. Il ferro è freddo, le graffia la pelle candida, lo sente.
Lei è incandescente.
Lui è spietato e dolcissimo al tempo stesso.
La testa della donna si rivolta all’indietro, verso il temporale che piange e i tuoni che ridono.
Si rende conto che lei ora è il cielo dell’uomo, lo lava e lo bagna, gli piove addosso il suo desiderio incontenibile, scroscia su di lui il suo monsone privato.
Non riesce più a contenere l’orgasmo, vorrebbe trattenersi, per protrarre quel momento il più a lungo possibile, sa che l’uomo è eccitato dai suoi tentativi di resistergli.
Improvvisamente la scioglie dal suo morso.
– Vieni – le dice.
Gli esplode in faccia, urla al cielo come una lupa, incurante delle finestre che come occhi la osservano, mute e curiose.
Viene e piscia sul volto dell’uomo in ginocchio davanti a lei.
Si alza, la rigira contro la ringhiera, il ferro sfrega sui suoi seni, sui capezzoli eretti.
Le piega le ginocchia con un colpo secco delle gambe e la prende così, con violenza, mentre ancora sta godendo e pisciando.
Lei si aggrappa al ferro arrugginito, sotto i suoi colpi potenti e profondi.
Si sta prendendo il suo culo adesso.
Mentre la bacia dolcemente la incula disperato.
La scopa fino alla parte più nascosta delle sue budella, aprendola con le mani, con il cazzo, con la lingua mentre il cielo li bagna e i tuoni coprono i loro versi animali. Esplode dentro di lei, fragoroso.

Cadono insieme a terra in ginocchio, l’uno dentro l’altra, inzuppati di acqua , di seme, di sudore , di pioggia. Fradici di voglia.
Il gatto bianco e nero li osserva sornione, seduto sul davanzale della finestra di fronte, qualche piano più sotto.
Si tengono così, abbracciati, nel buio e nell’acqua, dondolando.




This entry was posted on lunedì 22 febbraio 2010 at 22:00 and is filed under . You can follow any responses to this entry through the comments feed .

2 Graffi

è un onore vedere il mio racconto pubblicato qui ,
grazie a te
:-)
ti abbraccio
con affetto
aysedicartavelina

23 febbraio 2010 alle ore 11:45

molto intiresno, grazie

16 marzo 2010 alle ore 00:50

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